L’amore e la passione di Elide Ceragioli per il Medio Evo ed i suoi protagonisti, siano essi nomi famosi o semplici uomini e donne del tempo, si manifestano ancora una volta in questa avvincente narrazione biografica.
La vita di Galgano Guidotti (San Galgano), forte personaggio che rivaluta la figura del cavaliere, non più visto come macchina da guerra sanguinaria e violenta, ma come nobile individuo - quasi un San Michele arcangelo -, così come i personaggi che fanno da corona alla sua breve ma intensa vita, sono l’occasione per rivivere, come in un affresco, con una narrazione lineare, seppur viva e pittorica, eventi storici con una precisa collocazione cronologica e geografica.
Il santo che ha lasciato la spada nella roccia (è stata sottoposta ad esami metallografici che ne hanno confermato l’autenticità quale arma antecedente al XII secolo) ci appare come autentico emblema del suo tempo: pieno di ardore, di voglia di vita, di ansoisa ricerca della verità e di slancio verso il trascendente.
La vita di Galgano Guidotti (San Galgano), forte personaggio che rivaluta la figura del cavaliere, non più visto come macchina da guerra sanguinaria e violenta, ma come nobile individuo - quasi un San Michele arcangelo -, così come i personaggi che fanno da corona alla sua breve ma intensa vita, sono l’occasione per rivivere, come in un affresco, con una narrazione lineare, seppur viva e pittorica, eventi storici con una precisa collocazione cronologica e geografica.
Il santo che ha lasciato la spada nella roccia (è stata sottoposta ad esami metallografici che ne hanno confermato l’autenticità quale arma antecedente al XII secolo) ci appare come autentico emblema del suo tempo: pieno di ardore, di voglia di vita, di ansoisa ricerca della verità e di slancio verso il trascendente.
Estratto
La saliva scivolava dall’angolo della bocca, lentamente, ma formava un rivoletto continuo tra i peli ispidi. Dal mento le gocce si lanciavano nel vuoto e diventavano piccole macchie scure sull’ocra della terra indurita dal gelo.
In ginocchio, piegato in avanti, con i piedi così aderenti al suolo da esserne quasi un tutt’uno, fissava i circoletti perdere i contorni.
Fugace un pensiero gli attraversò la mente, così era stata la sua vita: un insignificante segno destinato a svanire.
Gli occhi gli si riempirono di lacrime, avrebbe voluto guardare un’ultima volta la piccola croce. Provò a sollevare la testa, ma non ci riuscì.
Il corpo magro, rinsecchito, ormai privo di forze, ondeggiava al vento gelido che spazzava a tratti la collina.
I radi alberi spogli vi si abbandonavano senza resistere, piegandosi docili e flessuosi. Solo la quercia si ergeva indomita e spavalda, orgogliosa della sua vecchiaia. Aveva abbandonato frutti e foglie al loro destino e ora sfidava la tramontana, concedendo alla sua furia solo il piacere di qualche rametto spezzato. Avrebbe dato altri frutti.
Non così lui, stava morendo. Solo.
Il suo spirito si stava staccando dal fragile involucro che per anni lo aveva ospitato e lentamente i fili si spezzavano. Tac… tac… radi, come i battiti del suo cuore stanco.
Avrebbe voluto il dolore.
Pensò di chiudere i pugni e conficcarsi le unghie nel palmo della mano, o mordersi le labbra fino a sentire il dolce sapore del sangue.
La sofferenza! Soffrire. Offrirsi!
Il dolore era stato il suo ultimo compagno. L’amico inseparabile di giorni e notti insonni.
Era stato il suo tesoro, la sua ricchezza. Ne aveva le mani colme.
«Soffro, – aveva gridato tante volte alle stelle – come ha sofferto Cristo sulla croce. Soffro per te. Ecco, guardami». La sofferenza era il suo riscatto e la sua gioia. Era il denaro sonante con il quale sperava di pagarsi la salvezza dell’anima.
Adesso che il suo corpo non gli ubbidiva più e sembrava non appartenergli sentì l’angoscia, come cupo mantello, avvolgerlo.
Era stato un ribelle, un diverso fin dalla nascita. Aveva seguito la luce, ma la luce lo aveva abbagliato ed era diventata buio.
Aveva fallito, non aveva terminato il suo compito e moriva, solo. Provò un’angoscia terribile.
Piano, quasi senza emettere suono, implorò pietà.
Improvvisamente, accanto a lui, davanti ai suoi occhi offuscati, si erse l’alta e luminosa figura dell’angelo.
Più che vederlo ne riconobbe la presenza.
In ginocchio, piegato in avanti, con i piedi così aderenti al suolo da esserne quasi un tutt’uno, fissava i circoletti perdere i contorni.
Fugace un pensiero gli attraversò la mente, così era stata la sua vita: un insignificante segno destinato a svanire.
Gli occhi gli si riempirono di lacrime, avrebbe voluto guardare un’ultima volta la piccola croce. Provò a sollevare la testa, ma non ci riuscì.
Il corpo magro, rinsecchito, ormai privo di forze, ondeggiava al vento gelido che spazzava a tratti la collina.
I radi alberi spogli vi si abbandonavano senza resistere, piegandosi docili e flessuosi. Solo la quercia si ergeva indomita e spavalda, orgogliosa della sua vecchiaia. Aveva abbandonato frutti e foglie al loro destino e ora sfidava la tramontana, concedendo alla sua furia solo il piacere di qualche rametto spezzato. Avrebbe dato altri frutti.
Non così lui, stava morendo. Solo.
Il suo spirito si stava staccando dal fragile involucro che per anni lo aveva ospitato e lentamente i fili si spezzavano. Tac… tac… radi, come i battiti del suo cuore stanco.
Avrebbe voluto il dolore.
Pensò di chiudere i pugni e conficcarsi le unghie nel palmo della mano, o mordersi le labbra fino a sentire il dolce sapore del sangue.
La sofferenza! Soffrire. Offrirsi!
Il dolore era stato il suo ultimo compagno. L’amico inseparabile di giorni e notti insonni.
Era stato il suo tesoro, la sua ricchezza. Ne aveva le mani colme.
«Soffro, – aveva gridato tante volte alle stelle – come ha sofferto Cristo sulla croce. Soffro per te. Ecco, guardami». La sofferenza era il suo riscatto e la sua gioia. Era il denaro sonante con il quale sperava di pagarsi la salvezza dell’anima.
Adesso che il suo corpo non gli ubbidiva più e sembrava non appartenergli sentì l’angoscia, come cupo mantello, avvolgerlo.
Era stato un ribelle, un diverso fin dalla nascita. Aveva seguito la luce, ma la luce lo aveva abbagliato ed era diventata buio.
Aveva fallito, non aveva terminato il suo compito e moriva, solo. Provò un’angoscia terribile.
Piano, quasi senza emettere suono, implorò pietà.
Improvvisamente, accanto a lui, davanti ai suoi occhi offuscati, si erse l’alta e luminosa figura dell’angelo.
Più che vederlo ne riconobbe la presenza.
(il romanzo continua...)


