Il primo volume della collana dedicata alle indagini dei rapporti e degli ambienti di lavoro vede protagonista una segretaria che, nella speranza di raggiungere una posizione economica favorevole, nonché un tipo di lavoro più gratificante, si trova ad attraversare una avventura davvero particolare.
Con richiami al mondo delle collaborazioni internazionali, questo romanzo cerca di sottolineare in modo chiaro e comprensibile per il lettore, come le insidie possano trovarsi ovunque.
Non è facile, infatti, riuscire a realizzare i propri sogni, anche quando l’impegno che ci si mette è davvero totale e non si risparmia in lavoro ed energie impiegate.
Date queste premesse, l’epilogo sembra essere quasi scontato, ma non banale.
Il monito e l’avvertimento, che viene trasmesso in questo romanzo di attualità, vuole essere di aiuto a tutti quelli che, uomini o donne, cercano di migliorare se stessi nella speranza di avere, finalmente, un lavoro da sogno.
Con richiami al mondo delle collaborazioni internazionali, questo romanzo cerca di sottolineare in modo chiaro e comprensibile per il lettore, come le insidie possano trovarsi ovunque.
Non è facile, infatti, riuscire a realizzare i propri sogni, anche quando l’impegno che ci si mette è davvero totale e non si risparmia in lavoro ed energie impiegate.
Date queste premesse, l’epilogo sembra essere quasi scontato, ma non banale.
Il monito e l’avvertimento, che viene trasmesso in questo romanzo di attualità, vuole essere di aiuto a tutti quelli che, uomini o donne, cercano di migliorare se stessi nella speranza di avere, finalmente, un lavoro da sogno.
Estratto
Quella mattina avrebbe dovuto ringraziare i netturbini che, di buon umore nel passarsi i sacchi della spazzatura, avevano vociato talmente tanto da farsi sentire fino al quarto piano, tanto che erano riusciti a svegliarlo e a permettergli di arrivare per tempo in aula.
Si sarebbero stupiti tutti, già se lo immaginava, nel vederlo entrare addirittura qualche minuto prima dell’inizio della lezione.
Il quarto d’ora accademico di ritardo, tollerato ovunque nell’ambiente universitario, per lui era diventato una consuetudine superata, dal momento che lo aveva addirittura triplicato, suscitando inevitabili polemiche tra colleghi e critiche feroci da parte degli studenti inclementi sui social.
Il ritardo sembrava essergli congenito come se rappresentasse il retro del suo biglietto da visita, un modo per rendere la propria persona in qualche modo misteriosa.
Nel bagno piastrellato da oltre vent’anni con mattonelle di forma ormai fuori moda, ogni oggetto era pronto ad aspettare che il professore Felice Fortunato lo utilizzasse per la propria toelette quotidiana.
Non aveva bisogno di grandi accorgimenti, giusto uno spazzolino per dare una veloce rinfrescata ai denti – pochi ne avrebbero notato lo smalto assottigliato, dato che lui non sorrideva quasi mai e che, nei rari casi nei quali era richiesto un minimo accenno di ilarità, lui badava bene a trattenerla tenendo le labbra semichiuse –, un rasoio elettrico che faceva scorrere avanti e indietro sul viso un po’ ossuto e che gli lasciava imperfezioni e ombre, un po’ di gel sui capelli quasi bianchi e radi, che contribuiva però a dargli un’immagine d’insieme ordinata.
Sua madre, come ogni sera da trent’anni, gli faceva trovare sulla solita poltrona consunta una camicia stirata, facendo attenzione che i piccoli bottoni fossero sempre ben attaccati.
Da quando era ragazzo non lo aveva più visto in mutande, coerente e soddisfatta che quanto gli aveva insegnato sul decoro e il senso del pudore, quel prodigio di figlio lo avesse recepito tanto profondamente da farne il proprio stile di vita. Eppure, suo padre, qualche volta, specialmente in estate e prima che la malattia lo forzasse a letto, per casa girava mezzo vestito; ma lui no, già ai primi anni di incarico alla cattedra di fisica, negava ai suoi genitori di mostrarsi in tenuta casalinga, come se non volesse mai perdere quel ruolo di rispettabilità con il quale sembrava immortalato nell’album del gruppo dei docenti.
Si sarebbero stupiti tutti, già se lo immaginava, nel vederlo entrare addirittura qualche minuto prima dell’inizio della lezione.
Il quarto d’ora accademico di ritardo, tollerato ovunque nell’ambiente universitario, per lui era diventato una consuetudine superata, dal momento che lo aveva addirittura triplicato, suscitando inevitabili polemiche tra colleghi e critiche feroci da parte degli studenti inclementi sui social.
Il ritardo sembrava essergli congenito come se rappresentasse il retro del suo biglietto da visita, un modo per rendere la propria persona in qualche modo misteriosa.
Nel bagno piastrellato da oltre vent’anni con mattonelle di forma ormai fuori moda, ogni oggetto era pronto ad aspettare che il professore Felice Fortunato lo utilizzasse per la propria toelette quotidiana.
Non aveva bisogno di grandi accorgimenti, giusto uno spazzolino per dare una veloce rinfrescata ai denti – pochi ne avrebbero notato lo smalto assottigliato, dato che lui non sorrideva quasi mai e che, nei rari casi nei quali era richiesto un minimo accenno di ilarità, lui badava bene a trattenerla tenendo le labbra semichiuse –, un rasoio elettrico che faceva scorrere avanti e indietro sul viso un po’ ossuto e che gli lasciava imperfezioni e ombre, un po’ di gel sui capelli quasi bianchi e radi, che contribuiva però a dargli un’immagine d’insieme ordinata.
Sua madre, come ogni sera da trent’anni, gli faceva trovare sulla solita poltrona consunta una camicia stirata, facendo attenzione che i piccoli bottoni fossero sempre ben attaccati.
Da quando era ragazzo non lo aveva più visto in mutande, coerente e soddisfatta che quanto gli aveva insegnato sul decoro e il senso del pudore, quel prodigio di figlio lo avesse recepito tanto profondamente da farne il proprio stile di vita. Eppure, suo padre, qualche volta, specialmente in estate e prima che la malattia lo forzasse a letto, per casa girava mezzo vestito; ma lui no, già ai primi anni di incarico alla cattedra di fisica, negava ai suoi genitori di mostrarsi in tenuta casalinga, come se non volesse mai perdere quel ruolo di rispettabilità con il quale sembrava immortalato nell’album del gruppo dei docenti.
(il romanzo continua...)


