Questo volume è dedicata al mondo del lavoro e riesce, con una scrittura semplice e diretta, a tracciare i meccanismi che, troppo spesso, si instaurano con i colleghi.
La protagonista di questo romanzo, sempre attuale e di ispirazione, sembra non riuscire a vedere una soluzione ai suoi problemi: coinvolta in una relazione sentimentale stabile ma non gratificante, cerca una realizzazione nel proprio posto di lavoro, ma questa sembra non arrivare mai.
Prendere consapevolezza del proprio modo di pensare, vedere che le regole imposte dalla famiglia di origine, così come dalla società possono essere un fardello troppo difficile da portare, può essere il primo passo per intraprendere un percorso per affrancarsi da situazioni altrimenti impossibili.
Con l’aiuto e il sostegno di chi ha vicino, alla fine riuscirà a realizzare completamente se stessa e ad uscire da dinamiche che l’hanno portata a vivere situazioni stressanti. Il romanzo è dedicato al mobing, ma ne dà una soluzione positiva.
La protagonista di questo romanzo, sempre attuale e di ispirazione, sembra non riuscire a vedere una soluzione ai suoi problemi: coinvolta in una relazione sentimentale stabile ma non gratificante, cerca una realizzazione nel proprio posto di lavoro, ma questa sembra non arrivare mai.
Prendere consapevolezza del proprio modo di pensare, vedere che le regole imposte dalla famiglia di origine, così come dalla società possono essere un fardello troppo difficile da portare, può essere il primo passo per intraprendere un percorso per affrancarsi da situazioni altrimenti impossibili.
Con l’aiuto e il sostegno di chi ha vicino, alla fine riuscirà a realizzare completamente se stessa e ad uscire da dinamiche che l’hanno portata a vivere situazioni stressanti. Il romanzo è dedicato al mobing, ma ne dà una soluzione positiva.
Estratto
Fra meno di due mesi sarò di nuovo qua, eppure, per me, chiudere questa porta, oggi, è come mettere il punto alla fine di una frase. Me ne vado da Ivrea, ci lascio vent’ anni della mia vita. Ricordi, tanti, sofferenza, tanta, gioie, tante, routine, tantissima… quella di tutti.
Si apre la porta dell’ascensore. Il trolley grande, quello piccolo. “Come farò a salire sul treno? Devo anche cambiare a Savona e a Ventimiglia!”. L’ascensore scende. Esco a fatica, trascinando i fardelli. Ecco mia sorella Silvia. È venuta da Torino per accompagnarmi a Porta Nuova a prendere il treno: ha capito che questo momento per me è importante e non se lo vuole perdere.
«Ciao Debbi. Dammi il grosso, ti aiuto».
Carica le valigie nel bagagliaio, le alza come fossero vuote. È sempre stata robusta. Sembra un uomo… è un uomo, ma non è più un problema. Di questi tempi, la strana sono io. Partiamo. È presto, non c’è tanto traffico.
«Hai preso tutto?»
Le solite raccomandazioni.
«Tutto cosa?»
«Che ne so? Il biglietto del treno…»
È una delle poche persone che ancora si ostinano a fare il biglietto in stazione.
«È nel telefonino… siamo nel 2025!»
Silenzio. Peccato, il viaggio in macchina me lo immaginavo diverso, invece… sempre schiave dei consueti meccanismi.
«Scusa, dai! Me le tiri…»
Le do un bacio sulla guancia con lo schiocco. Lei mi guarda seria e poi ride.
«Sono proprio contenta per te. Ci voleva una svolta. Sei ancora giovane, e poi Marco mi piace».
«Ma se neanche lo conosci?!?»
«Beh, è come se lo conoscessi. Da quello che mi hai detto, sembra la persona giusta per te. Economicamente sta bene, ma non è un esaltato, anche se vive a Monte Carlo».
«Già. Ho quasi paura di dirlo: sono contenta».
«Dillo, urlalo, non avere paura. Le cose possono andare bene».
«È proprio quello che ho scoperto, grazie a Dio».
«Con suo figlio come va?»
Marco ha un figlio di ventidue anni. La madre, la sua ex-moglie, è una tedesca di Amburgo. Il figlio è stato affidato a lei e l’ha seguita in Germania. Ora studia all’università di Heidelberg.
«Non l’ho ancora conosciuto. Stando a quel che mi ha raccontato suo padre, dev’essere un bravo ragazzo. Non credo che avremo problemi a intenderci… e comunque, sta in Germania, non avremo molte occasioni di frequentarci».
«Allora ci rivediamo per Natale… Antonio vuole che andiamo tutti da lui, sono quasi riuscita a convincere papà».
«Ma come fate a pensare già a Natale? Comunque, sì, verrò a Torino, Marco mi ha detto che, di solito, le feste comandate le passa con la sua ex e suo figlio… vedremo, se nel frattempo cambierà idea cercherò di portarlo con me, così lo conoscerete anche voi».
Arriviamo a Torino. Il traffico aumenta. Alla stazione non si trova posto per l’auto. Silvia mi deve lasciare nelle vicinanze. Si ferma, scende, scarica i trolley, poi mi abbraccia così forte che quasi mi soffoca.
«Almeno un Whatsapp quando arrivi… però se mi chiami mi fai più contenta».
«Silvia… grazie!»
La lacrimuccia è in procinto di uscire. Sono sicura che è così anche per lei. Sale in macchina e scappa. Rimango lì a vederla andar via: la parte vecchia di me.
Ho poco tempo. Mi affretto al binario. Il treno è Regionale, nessun posto riservato. Adocchio un quartetto di sedili liberi. Mi sistemo. I trolley li tengo vicini. Affido i miei bagagli al treno della vita: li porterà lui.
Un uomo seduto dalla parte opposta del corridoio mi guarda e mi sorride.
«Vuole che le dia una mano a mettere almeno una delle due valigie lì sopra?»
«Pensavo di lasciarle giù».
«È meglio che la grossa la mettiamo sulla rastrelliera… poi il treno si riempie…»
«Va bene, grazie».
«Dove scende?»
«A Savona».
«Allora non si preoccupi, l’aiuterò a tirarla giù, scendo anch’io a Savona».
Avrei voluto fare il viaggio rintanata in me stessa, in contemplazione dei ricordi, magari leggendo ogni tanto qualche pagina di Va dove ti porta il cuore, ma mi sa che sarò costretta a conversare con quell’uomo.
Stranamente, invece, non attacca bottone. Tira fuori un libro enorme e si mette a leggere. Il treno si muove, cullandomi dolcemente, e io mi lascio portare dal fiume dei ricordi.
Si apre la porta dell’ascensore. Il trolley grande, quello piccolo. “Come farò a salire sul treno? Devo anche cambiare a Savona e a Ventimiglia!”. L’ascensore scende. Esco a fatica, trascinando i fardelli. Ecco mia sorella Silvia. È venuta da Torino per accompagnarmi a Porta Nuova a prendere il treno: ha capito che questo momento per me è importante e non se lo vuole perdere.
«Ciao Debbi. Dammi il grosso, ti aiuto».
Carica le valigie nel bagagliaio, le alza come fossero vuote. È sempre stata robusta. Sembra un uomo… è un uomo, ma non è più un problema. Di questi tempi, la strana sono io. Partiamo. È presto, non c’è tanto traffico.
«Hai preso tutto?»
Le solite raccomandazioni.
«Tutto cosa?»
«Che ne so? Il biglietto del treno…»
È una delle poche persone che ancora si ostinano a fare il biglietto in stazione.
«È nel telefonino… siamo nel 2025!»
Silenzio. Peccato, il viaggio in macchina me lo immaginavo diverso, invece… sempre schiave dei consueti meccanismi.
«Scusa, dai! Me le tiri…»
Le do un bacio sulla guancia con lo schiocco. Lei mi guarda seria e poi ride.
«Sono proprio contenta per te. Ci voleva una svolta. Sei ancora giovane, e poi Marco mi piace».
«Ma se neanche lo conosci?!?»
«Beh, è come se lo conoscessi. Da quello che mi hai detto, sembra la persona giusta per te. Economicamente sta bene, ma non è un esaltato, anche se vive a Monte Carlo».
«Già. Ho quasi paura di dirlo: sono contenta».
«Dillo, urlalo, non avere paura. Le cose possono andare bene».
«È proprio quello che ho scoperto, grazie a Dio».
«Con suo figlio come va?»
Marco ha un figlio di ventidue anni. La madre, la sua ex-moglie, è una tedesca di Amburgo. Il figlio è stato affidato a lei e l’ha seguita in Germania. Ora studia all’università di Heidelberg.
«Non l’ho ancora conosciuto. Stando a quel che mi ha raccontato suo padre, dev’essere un bravo ragazzo. Non credo che avremo problemi a intenderci… e comunque, sta in Germania, non avremo molte occasioni di frequentarci».
«Allora ci rivediamo per Natale… Antonio vuole che andiamo tutti da lui, sono quasi riuscita a convincere papà».
«Ma come fate a pensare già a Natale? Comunque, sì, verrò a Torino, Marco mi ha detto che, di solito, le feste comandate le passa con la sua ex e suo figlio… vedremo, se nel frattempo cambierà idea cercherò di portarlo con me, così lo conoscerete anche voi».
Arriviamo a Torino. Il traffico aumenta. Alla stazione non si trova posto per l’auto. Silvia mi deve lasciare nelle vicinanze. Si ferma, scende, scarica i trolley, poi mi abbraccia così forte che quasi mi soffoca.
«Almeno un Whatsapp quando arrivi… però se mi chiami mi fai più contenta».
«Silvia… grazie!»
La lacrimuccia è in procinto di uscire. Sono sicura che è così anche per lei. Sale in macchina e scappa. Rimango lì a vederla andar via: la parte vecchia di me.
Ho poco tempo. Mi affretto al binario. Il treno è Regionale, nessun posto riservato. Adocchio un quartetto di sedili liberi. Mi sistemo. I trolley li tengo vicini. Affido i miei bagagli al treno della vita: li porterà lui.
Un uomo seduto dalla parte opposta del corridoio mi guarda e mi sorride.
«Vuole che le dia una mano a mettere almeno una delle due valigie lì sopra?»
«Pensavo di lasciarle giù».
«È meglio che la grossa la mettiamo sulla rastrelliera… poi il treno si riempie…»
«Va bene, grazie».
«Dove scende?»
«A Savona».
«Allora non si preoccupi, l’aiuterò a tirarla giù, scendo anch’io a Savona».
Avrei voluto fare il viaggio rintanata in me stessa, in contemplazione dei ricordi, magari leggendo ogni tanto qualche pagina di Va dove ti porta il cuore, ma mi sa che sarò costretta a conversare con quell’uomo.
Stranamente, invece, non attacca bottone. Tira fuori un libro enorme e si mette a leggere. Il treno si muove, cullandomi dolcemente, e io mi lascio portare dal fiume dei ricordi.
(il romanzo continua...)


